Innovare il cinema moderno
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In pausa lavorativa tra le montagne svizzere, sotto il cielo grigio di inizio febbraio, mi perdo a ragionare sul cinema moderno. Quello che vede le sale vuote (e no, il Covid c’entra solo in parte). Quello che vede funzionare più le serie che i lungometraggi. Hollywood, come Bollywood o la nostra Cinecittà, puntano tutto su questo. Ma davvero il cinema moderno può andare avanti così? O, almeno, davvero vogliamo perdere un luogo di divertimento, socializzazione, così importante quale era la sala cinematografica nello scorso secolo?
Indice
Breve storia del cinema moderno
Quando al “cinema moderno” c’era Rossellini
Ricordo con affetto quando mio padre mi parlava del cinema Patini di Castel di Sangro, nostro paese natale, ai giorni della sua infanzia. Classe 1937, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale la situazione in Europa era tutt’altro che rosea. C’era tanto da ricostruire, si viveva in un clima di costante tensione a causa della Guerra Fredda.
Gli Stati Uniti erano l’unica potenza in forma, e il cinema di massa non poteva che venire da lì. Vero, eravamo in periodo maccartista con regole non limpidissime. Questo nome deriva dal senatore Joseph McCarthy, il quale perseguitò e imprigionò centinaia di progressisti nel 1953/54. In un clima di isteria politica collettiva, ogni idea innovativa veniva associata ai Comunisti. Personaggi come l’attore Charlie Chaplin, i registi Jules Dassin e Joseph Losey furono costretti all’esilio. I ribelli, su tutti gli “Hollywood Ten” (10 sceneggiatori che si appellarono alla libertà di espressione americana), finivano giustamente al gabbio. Walt Disney e altri si salvarono denunciando i colleghi… Se puoi sognarlo, sicuramente puoi farlo (che poi, questa frase è dell’Imagineer Disney Tom Fitzgerald, non di Walt come comunemente si pensa).
Il cinema degli Stati Uniti alla conquista del mondo
Nonostante ciò, l’America ne usciva a testa alta. La storia del cinema ci insegna che le maggiori case produttrici cinematografiche unirono le forze sotto la MPEAA (Motion Picture Export Association of America) per sottomettere gli avversari nel mercato internazionale, e il governo del Paese guidato da Roosevelt prima e Truman poi, approfittava della sua potenza egemone per aggirare le leggi protezionistiche estere.
Ma fu tutto facile? In effetti, no. Il pubblico andava comunque convinto, bisognava dargli delle serie motivazioni per raggiungere le sale. La TV cresceva ogni anno di importanza, e per questo si puntava sull’innovazione tecnologica e stilistica. Tra queste, il colore era un’esclusiva cinematografica. Interessante questo articolo di Domenico Palattella, da cui cito:
Il colore deve essere infatti inteso come l’evoluzione naturale del bianco e nero e del Cinema come arte, perché se il Cinema è l’arte della realtà, anche il colore doveva necessariamente ergersi ad esaltare le emozioni che solo questa Arte sa offrire in maniera così penetrante, ieri come oggi.
Domenico Palattella
I film a colori passarono dal 20 al 50% delle produzioni nei primi anni ‘50, per diventare la quasi totalità negli anni ‘60. Venne in soccorso agli Studios per la sua economicità la pellicola Kodak Eastman Color (e, prima, la Ferraniacolor in Italia), che abbatteva i costi; ma fu solo una conseguenza di ciò che il mercato chiedeva in quel momento.
Altra innovazione fu il cambiamento di formato. Il rapporto 4:3 televisivo, lasciò il posto al più appariscente formato panoramico. Poi ancora, i giovani erano attratti dai nuovi drive-in. C’era una vera competizione, TV vs Cinema. Il baby boom convinse i cineasti a cercare ogni modo valido per sedurre i giovani, ovviamente anche producendo serie TV, sono sempre piaciute. Ma il Cinema, inteso come sala, non fu abbandonato a se stesso.
La frequentazione dei cinema italiani nella storia
Dicevo, mio padre… Si moriva per andare al cinema, e l’Italia non era l’America. Di soldi ce n’erano davvero pochi, e 100 lire per un bambino era davvero molto. Quindi si risparmiava, e si… A volte si accedeva al Cinema Patini gratis facendo gli occhioni al titolare. Ma che voglia di andare al cinematografo!
Oggi è ancora così? Come evolve il tasso di frequentazione delle sale cinematografiche nel mondo? Per l’Italia ci viene in soccorso l’Istat. Un rapporto del 2018 fotografa la situazione dal 1993 al 2017. In quest’arco di tempo, la percentuale di persone che si è recata al cinema più di 7 volte in un anno è scesa di quasi il 20%. Al contrario, è salita la percentuale di chi è andato almeno una tantum, per ricordare se la sala fosse ancora la stessa. Aumento che è stato aiutato dall’incremento del pubblico femminile (che, stranamente, prima parevano meno affascinate dal grande schermo).
Altro dato importante? Sempre più ultrasessantacinquenni vanno in sala: dal 6,3% del 1993 al 15,2% del 2017. Dato positivo o allarmante? Sono onesto, non riesco a convincermi della risposta. Per chiudere questa rapida carrellata (se siete curiosi, leggete il report), il maggior motivo per cui non si va al cinema è (guarda caso): “preferisco guardare i film a casa”.
Il cinema moderno costa troppo
E purtroppo ormai annoia.
Ma andiamo un po’ indietro. Entriamo nella nostra macchina del tempo virtuale, e addentriamoci nella prima metà del ‘900. Sempre in Italia, nel 1940 in media ogni abitante andava al cinema 8 volte l’anno. Nel 1950 tredici, per arrivare ad un picco di circa 17 volte nel 1955. Da lì, un costante declino. 10 ingressi l’anno nel 1970, 4 nel 1980 per stabilizzarsi intorno ai due o meno negli ultimi 30 anni. Cause? TV (e a seguire internet), ma anche prezzo del biglietto in costante aumento fino al 1990. E, aggiungo io, mancanza di vera innovazione in un mondo sempre più innovativo. Non fraintendetemi: nella produzione ci sono, e tante. È nella fruizione che mancano le innovazioni, e forse è ancora più importante.
I cinema negli Stati Uniti dal 1930 ad oggi
Uno sguardo oltre oceano? Il mercato USA è di certo più autorevole di quello italiano, non per altro per i numeri. Ma non va diversamente… All’inizio degli anni ‘30 (circa 35 anni dopo l’apertura della prima sala, nel 1894), oltre il 70% della popolazione si recava al cinema almeno una volta a settimana. 70%! Percentuale che è scesa a circa il 40% nel 1935, per poi superare nuovamente il 60% nel ‘44. Da allora, una perdita continua di spettatori: nel 1950 era il 30%, nel 1960 meno del venti. Ed è il 1964 l’anno che, nel mercato statunitense, segna lo stabilizzarsi dei frequentatori abituali di sale cinematografiche al 10% circa della popolazione.
Un chiaro motivo, anche negli States, è stato il prezzo del biglietto. Hollywood è sempre stata un’industria i cui governanti si autocelebrano come superiori alla “plebe”, checché se ne pensi. E in periodi di magra, mai avrebbero rinunciato a parte dei loro guadagni milionari. Se c’erano meno spettatori, si alza il prezzo. Semplice. Peccato che si tratti di un cane che si morde la coda.
Le sale creano socialità e condivisione
I soldi non erano l’unico motivo però: c’era anche un motivo sociale (che torna ciclicamente): durante la grande depressione economica, negli anni ‘30, il cinema era un modo per sfuggire al freddo, al caldo e alla solitudine. Le sale riunivano estranei, che uno di fianco l’altro condividevano l’unico momento sociale a disposizione di tutti.
Film in 3D, l’unica vera innovazione negli ultimi anni
Ricordo il periodo in cui il cinema stereoscopico, i “film in 3D”, tornò in auge l’ultima volta. Non molti anni fa, ero nel pieno della mia accademia di cinema (2011 circa, bei tempi quelli 😊). Ecco, poteva essere una piccola ventata di freschezza. Ma l’idea venne bocciata, ufficialmente perché non funzionava. Però, tra la necessità di abituare il pubblico e il tempo necessario ad aggiornare sale e produzioni, il vero motivo per cui non si giunse a risultati fu (ancora una volta) la volontà del mondo cinematografico di speculare sui clienti.
La stereoscopia, a conti fatti, non era un modo per offrire di più agli utenti. Era una modo per aumentare il costo del biglietto a dismisura. E io stesso, per quanto amassi vedere alcuni film in 3D, spesso preferivo la versione 2D solo per evitare i 12/13 euro di entrata. Quanti come me?
La soluzione finale: esperienza unica ed economica
Quindi, c’è una soluzione? A mio parere si, e c’è chi con più autorevolezza mi appoggia. Beh, scendo dal piedistallo: io appoggio lui. Ve ne parlerò nei prossimi giorni, la mia pausa è finita, ma si tratta fondamentalmente di tornare a rendere il cinema un’esperienza unica, irripetibile, divertente, sociale e, non ultimo, economica.
Vogliamo riformare il cinema? Facciamo una rivoluzione insieme? Le grandi cose partono sempre dal basso… E siamo nel periodo in cui è più facile farlo.
F.A.Q. dell’articolo
Questo nome deriva dal senatore Joseph McCarthy, il quale perseguitò e imprigionò centinaia di progressisti nel 1953/54. In un clima di isteria politica collettiva, ogni idea innovativa veniva associata ai Comunisti. Personaggi come l’attore Charlie Chaplin, i registi Jules Dassin e Joseph Losey furono costretti all’esilio. I ribelli, su tutti gli “Hollywood Ten” (10 sceneggiatori che si appellarono alla libertà di espressione americana), finivano giustamente al gabbio. Walt Disney e altri si salvarono denunciando i colleghi… Se puoi sognarlo, sicuramente puoi farlo (che poi, questa frase è dell’Imagineer Disney Tom Fitzgerald, non di Walt come comunemente si pensa).
La storia del cinema ci insegna che le maggiori case produttrici cinematografiche unirono le forze sotto la MPEAA (Motion Picture Export Association of America) per sottomettere gli avversari nel mercato internazionale, e il governo del Paese guidato da Roosevelt prima e Truman poi, approfittava della sua potenza egemone per aggirare le leggi protezionistiche estere.
Il pubblico andava convinto, bisognava dargli delle serie motivazioni per raggiungere le sale. La TV cresceva ogni anno di importanza, e per questo si puntava sull’innovazione tecnologica e stilistica. Tra queste, il colore era un’esclusiva cinematografica.
Domenico Palattella: “Il colore deve essere infatti inteso come l’evoluzione naturale del bianco e nero e del Cinema come arte, perché se il Cinema è l’arte della realtà, anche il colore doveva necessariamente ergersi ad esaltare le emozioni che solo questa Arte sa offrire in maniera così penetrante, ieri come oggi”.
In Italia, nel 1940 in media ogni abitante andava al cinema 8 volte l’anno. Nel 1950 tredici, per arrivare ad un picco di circa 17 volte nel 1955. Da lì, un costante declino. 10 ingressi l’anno nel 1970, 4 nel 1980 per stabilizzarsi intorno ai due o meno negli ultimi 30 anni. Cause? TV (e a seguire internet), ma anche prezzo del biglietto in costante aumento fino al 1990. E, aggiungo io, mancanza di vera innovazione in un mondo sempre più innovativo. Non fraintendetemi: nella produzione ci sono, e tante. È nella fruizione che mancano le innovazioni, e forse è ancora più importante.
L’idea venne bocciata ufficialmente perché non vendeva. Però, tra la necessità di abituare il pubblico e il tempo necessario ad aggiornare sale e produzioni, il vero motivo per cui non si giunse a risultati fu (ancora una volta) la volontà del mondo cinematografico di speculare sui clienti.
La stereoscopia, a conti fatti, non era un modo per offrire di più agli utenti. Era una modo per aumentare il costo del biglietto a dismisura. E io stesso, per quanto amassi vedere alcuni film in 3D, spesso preferivo la versione 2D solo per evitare i 12/13 euro di entrata. Quanti come me?
La prima sala cinematografica aprì nel 1895 a Parigi, in Francia, ad opera dei Fratelli Lumière.
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